Madre Maria di Agreda fu’ una Suora Spagnola , Badessa del Convento di Agreda, ordine da lei stessa fondato intorno al 1600”…questa Santa suora era dotata di tanti carismi divini che la resero un anima unica, tra i doni ricevuti aveva quello della bilocazione e dopo la sua morte il suo corpo rimasto intatto venne esposto al pubblico per essere venerato…Madre Maria morì il giorno di Pentecoste del 24 maggio 1665 nel suo monastero di Agreda. Lo straordinario fenomeno della conservazione del suo corpo, rimasto inalterato dopo la morte della religiosa, è stato oggetto di quattordici riconoscimenti ufficiali da parte della Chiesa.
Con l’ultimo avvenuto il 20 maggio 1989, venne collocato nella Chiesa della Concezione ed esposto al pubblico…
Uno dei fatti più straordinari del primo periodo della sua vita religiosa fu la catechizzazione degli indios del Nuovo Messico! A questa umile suora la Madonna volle rivelare la vera storia della sua vita, da quando venne concepita sino alla sua morte, storia che Madre Maria Di Agreda trascrisse in un libro intitolato : “Mística Ciudad de Dios” “ la Mistica citta’ di Dio”.
Dove uno dei capitoli che piu’ colpiscono e’ quello in cui l’Arcangelo Gabriele rivela alla Madonna gli ultimi suoi tre anni di vita in questo Mondo e la sua salita in Cielo!
“La Vergine pervenne all’età di sessantasette anni senza avere mai interrotto il corso dei suoi meriti né trattenuto il volo né mitigato l’incendio del suo ardore, dalla sua immacolata concezione, ed anzi avendo accresciuto tutto questo in ogni istante. Gli ineffabili favori che riceveva la mantenevano divinizzata e sublimata; i sentimenti, gli slanci e gli aneliti del suo castissimo cuore non le permettevano di riposare fuori dal centro del suo amore; i legami della carne erano divenuti violenti; l’inclinazione e la tendenza dello stesso Eterno a unirla a sé con un laccio perenne e stretto era – a nostro modo di intendere – al culmine della forza; la terra, indegna per le colpe degli uomini del tesoro delle altezze, non poteva custodirlo ulteriormente senza restituirlo al suo padrone. Il Padre desiderava la sua unica e autentica figlia, il Figlio la sua cara madre e lo Spirito gli abbracci della sua incantevole sposa. Gli angeli bramavano la vista della loro Regina, i beati quella della loro Signora e tutti i cieli con mute voci chiedevano la loro abitatrice e imperatrice, che li riempisse di splendore, di gioia e della sua bellezza e leggiadria. A vantaggio del mondo e della Chiesa peroravano esclusivamente la necessità che questa aveva di un simile modello e la carità del medesimo Dio verso i miseri discendenti di Adamo.
Essendo, però, inevitabile che ella arrivasse alla mèta del suo pellegrinaggio, nel concistoro della Trinità si discusse con quale ordine si dovesse glorificare, e si pesò l’affetto che a lei soltanto spettava per aver soddisfatto largamente e tanto a lungo alla misericordia, rimanendo a fondare e istruire la comunità ecclesiale. L’Onnipotente determinò di consolarla e confortarla avvisandola con precisione di quanto le restava, affinché, assicurata del giorno e dell’ora del sospirato evento, lo attendesse nella letizia. A tale scopo, Gabriele fu mandato con molti altri ministri superni a notificarle quando e come si sarebbe compiuta la sua esistenza peritura ed ella sarebbe salita a quella intramontabile.
Si introdussero nell’oratorio presso la casa del cenacolo e la Principessa , che era stesa a forma di croce a invocare clemenza per i peccatori, all’udire le loro armonie si pose in ginocchio per ascoltare e guardare il messaggero e i suoi compagni, i quali, tutti con vesti bianche e fulgide, la circondarono con mirabile decoro e riverenza. Avevano in mano palme e corone, ciascuna differente ma ugualmente rappresentante con inestimabile pregio una sua prerogativa. L’arcangelo la salutò con l’Ave Maria» e proseguì: «Nostra sovrana, il Santo dei santi ci invia dalla sua corte perché vi annunciamo da parte sua la felicissima conclusione del vostro esilio. Verrà presto il momento da voi ambito in cui, per mezzo della morte, otterrete il possesso indefettibile della vita senza termine alla destra del vostro Unigenito. Fra tre anni esatti sarete accolta nel gaudio perpetuo dell’empireo, dove tutti già vi aspettano».
Ella provò immenso giubilo nel suo animo candido e acceso e, abbassandosi di nuovo al suolo, rispose come all’incarnazione del Verbo: «Eccomi, sono la serva del Signore, avvenga di me quello che hai detto». Invitò, poi, i serafini e gli altri a darle appoggio nel magnificare l’Altissimo per un beneficio così grande, e intonò un cantico del quale alternò i versetti con loro per due ore continue. Benché essi siano estremamente solleciti, saggi ed eleganti per natura e per le doti soprannaturali che hanno, superava i suoi vassalli in ogni cosa, poiché in lei la sapienza e la grazia abbondavano come maestra e in loro come discepoli. Quindi, umiliandosi ancora, li incaricò di intercedere affinché fosse preparata al passaggio e tutti, prima di andarsene, le promisero di obbedirle.
Ormai sola, si prostrò tra lacrime di umiltà e di contentezza e, stringendo la polvere, pronunciò queste parole: «Terra, ti ringrazio di avermi sostenuto senza mio merito per sessantasette anni, per volontà di colui che ti ha creato. Aiutami per tutto il periodo in cui starò quaggiù, perché, come da te e in te sono stata plasmata, da te e per te io giunga all’agognato fine della contemplazione del mio Autore. E voi, cieli, pianeti, astri ed elementi, formati dal braccio vigoroso del mio diletto, testimoni fedeli e predicatori della sua maestà, vi ringrazio di quanto avete fatto con i vostri influssi e le vostre virtù per conservarmi. Aiutatemi perché, con il favore divino, io migliori e sia più gradita al mio e vostro Artefice».
È da ritenersi che ciò sia accaduto nel giorno di agosto coincidente con quello del suo insigne transito. Da allora ella si infiammò e moltiplicò i suoi esercizi in maniera tale che pareva che avesse bisogno di riparare a negligenze o mancanze imputabili a scarso fervore. Il viandante affretta il passo quando imbrunisce e ha davanti una buona porzione di cammino. Il bracciante e il salariato aumentano gli sforzi quando sovrasta la sera e il lavoro assegnato non è ultimato. La Vergine , invece, affrettava il passo delle sue opere eroiche non per timore della notte né per i rischi del viaggio, ma per amore e per l’ardente anelito all’eterna luce; non per arrivare più celermente, ma per entrare più ricca e prospera a godere del sommo Bene. Scrisse subito a quanti erano dispersi per la missione per incoraggiarli nella conversione del mondo e successivamente ripeté varie volte questa premura. Esortò e confermò maggiormente i credenti della zona e, quantunque celasse il suo segreto, si comportava come chi inizia a congedarsi e desidera lasciare tutti traboccanti di sublimi elargizioni.
A vantaggio di Giovanni militavano ragioni speciali che lo distinguevano dagli altri, poiché era per lei un figlio e la curava prodigandosi eccezionalmente. Alla Regina, dunque, sembrò conveniente informarlo dell’avviso ricevuto, per cui dopo poco tempo, domandatagli la benedizione e la licenza di parlare, affermò: «Già vi è noto, mio signore, che io sono la più debitrice e la più vincolata a rimettermi al volere superno e che, se tutto dipende da esso, in me si deve adempiere pienamente sempre e per sempre; e voi siete tenuto ad assistermi in questo, conoscendo i titoli per i quali io sono interamente del mio Dio. La sua benignità e misericordia mi hanno rivelato che non tarderà la mia dipartita, che sarà fra tre anni. Vi imploro di soccorrermi affinché mi affatichi nel mostrare gratitudine all’Onnipotente e nel contraccambiare in qualche modo gli straordinari doni della sua generosità e benevolenza, e vi supplico dall’intimo di pregare per me».
Il cuore appassionato dell’Evangelista si spezzò ed egli, senza essere capace di trattenere l’affanno e il pianto, disse: «Mia Signora, sono abbandonato al beneplacito del supremo sovrano e al vostro, per acconsentire a quanto mi comandate, sebbene non riesca a corrispondere ai miei obblighi e alle mie aspirazioni; ma voi proteggetemi con pietà, adesso che rimango povero e orfano della vostra deliziosa vicinanza». Oppresso dai singhiozzi, non fu in grado di proferire altro e, benché la dolcissima Principessa lo consolasse e gli facesse animo con tenere ed efficaci espressioni, da quell’istante restò trafitto da un dardo di dolore e di mestizia tale che lo debilitava: divenne macilento e gli succedeva come ai fiori che, dopo aver seguito il corso del sole ed esserne stati vivificati, cadono in languore e appassiscono allorché esso si allontana e si nasconde. Ella lo sostenne nella sua desolazione con molte compassionevoli promesse, assicurandolo che sarebbe stata sua avvocata presso l’Unigenito. L:Apostolo avvertì Giacomo il Minore, il quale da vescovo di Gerusalemme serviva con lui l’Imperatrice come Pietro aveva stabilito, e i due presero a starle accanto con più frequenza, in particolare il prediletto, che non se ne poteva staccare.
L ‘Altissimo dispose con un’occulta e soave forza che il creato cominciasse a provare la sofferenza e ad anticipare il cordoglio per colei che conferiva bellezza e perfezione all’universo. I Dodici, anche se erano disseminati in ogni regione, percepivano una nuova preoccupazione che catturava l’attenzione, e questa era il tormentoso pensiero del momento in cui sarebbe venuta meno la loro Maestra e difesa, perché l’illuminazione divina suggeriva a tutti che quel termine inevitabile non era distante. I cristiani che abitavano nella città santa o in Palestina coglievano in sé, come un misterioso annuncio del fatto, che il loro tesoro e il loro gaudio non sarebbe durato a lungo. I cieli, gli astri e i pianeti persero parecchio del proprio splendore, al pari del giorno all’approssimarsi della notte. Gli uccelli per due anni palesarono in maniera singolare la loro tristezza, poiché erano soliti accorrere in gran numero circondando il suo oratorio con mirabili voli e movimenti, ed elevavano delle cantilene con voci melanconiche, finché ella non ordinava che lodassero sua Maestà con i normali cinguettii; di ciò fu spesso testimone Giovanni, che si univa a loro nei gemiti. Poco prima del transito, diversi di essi si presentarono a lei e abbassarono al suolo le teste e i becchi, lanciando lugubri suoni come chi con pena si congeda definitivamente e come chiedendole l’ultima benedizione.
Le fiere tennero loro compagnia, perché la Vergi ne, in occasione di una delle sue consuete visite ai sacri luoghi della redenzione, appena arrivata al Calvario fu attorniata da tante bestie selvagge che erano scese da varie montagne per aspettarla. Alcune prostrandosi, altre chinandosi e tutte guaendo angosciosamente si fermarono per qualche ora a manifestarle l’angustia che dava loro la partenza della donna che confessavano regina e onore del mondo intero. La maggiore meraviglia di questo mutamento generale fu che nei sei mesi che precedettero l’evento il sole, la luna e le stelle emisero una luce più tenue, e quando sopraggiunse si eclissarono come era accaduto allo spirare di Gesù’. Delle persone sagge e accorte notarono tali variazioni e alterazioni, ma, ignorandone la causa, poterono solamente stupirsene. 1 discepoli, invece, assistettero al trapasso e intesero il sentimento della natura insensibile, che degnamente iniziò presto il suo pianto, mentre quella umana, dotata di ragione, non seppe piangere la scomparsa della sua legittima Signora e della sua vera gloria. Negli altri esseri pare che si adempisse la profezia di Zaccaria, il quale proclamò che in quel giorno sarebbero state in lutto come per il primogenito tutte le famiglie della casa di Dio, ognuna separatamente, ognuna a parte. Questo, che fu affermato del Figlio dell’eterno Padre e suo, doveva verificarsi anche per lei, primogenita e madre della vita. Come i vassalli leali e grati non si vestono a lutto soltanto alla morte dei sovrani, bensì pure se sono in pericolo, così essi si affrettarono a mostrare afflizione.
Solo l’Evangelista era con loro, patendo più di tutti, senza riuscire a dissimulare con chi gli era più vicino nella dimora in cui era il cenacolo. Specialmente due fanciulle che attendevano alla Principessa e altri devoti rifletterono sullo stato dell’Apostolo, che sovente scorsero in lacrime. Conoscendo la sua serenità, pace e affabilità, capirono che quella novità indicava un avvenimento assai duro e sconvolgente e con pio desiderio gli domandarono ripetutamente il motivo del suo dolore. Egli non rispondeva, ma infine, non senza una disposizione superiore, importunato da costoro svelò che non era lontana per Maria la conclusione del suo esilio. Dunque, la tribolazione che sovrastava la Chiesa si divulgò e fu lamentata fra alcuni dei più intimi, perché nessuno di coloro che ne ebbero notizia fu in grado di contenere i singhiozzi. Da allora in poi furono più assidui nel recarsi da lei e, gettandosi ai suoi piedi e baciando la terra che calpestava, la pregavano di benedirli e trarli dietro a sé e di non dimenticarli nel regno dell’Altissimo, dove si portava tutti i loro cuori.
Fu un dono della misericordia e della provvidenza divine che tanti membri della comunità primitiva avessero un simile avviso con rilevante anticipo, poiché l’Onnipotente non invia travagli o mali al suo popolo senza averli dichiarati ai suoi servi, come ci garantì per bocca di Amos. Benché questa sofferenza fosse per loro inevitabile, la benignità celeste determinò che, per quanto fosse stato possibile, guadagnassero con essa il compenso della perdita di tale guida, vincolandola a sé affinché nel tempo che le restava li arricchisse con l’abbondanza della grazia, che aveva l’autorità di distribuire per consolarli. Fu effettivamente così, giacché le sue viscere materne si commossero ed ella, con insigne pietà, al termine della sua esistenza peritura ottenne ad essi e agli altri cristiani nuovi benefici. Il suo Unigenito, appunto per non privarli di questi, non volle togliere loro all’improvviso colei nella quale trovavano difesa, conforto, gioia, rimedio nelle necessità, sollievo negli affanni, consiglio nei dubbi, salute nelle malattie, soccorso nelle pene e tutti i beni insieme.
Mai fu delusa la speranza di quelli che la riposero in lei, che sempre salvò chi non oppose resistenza alla sua benevola clemenza; ma non c’è modo di raccontare i prodigi che compì a vantaggio degli uomini nei suoi ultimi due anni, per l’enorme afflusso di gente di ogni sorta che la cercava: guarì nel corpo e nello spirito gli infermi che si misero in sua presenza; convertì molti e condusse innumerevoli anime sul retto cammino, distaccandole dall’errore; si preoccupò di gravi indigenze dei poveri, elargendo agli uni ciò che aveva e ciò che le era stato offerto e aiutando gli altri miracolosamente; confermò tutti nel timore del Signore, nella fede e nell’obbedienza; come unica dispensatrice dei tesori superni e dei meriti del Redentore, ne spalancò le porte con generosità, per lasciare i suoi figli nella prosperità. Inoltre, li rinfrancò e incoraggiò con la promessa di favorirli tanto, quanto al presente fa dalla destra di sua Maestà.
Mia diletta, per intendere il giubilo che provocò in me l’annuncio dell’approssimarsi del mio transito, occorrerebbe ponderare la forza del mio amore e della mia brama di giungere alla contemplazione e al godimento di Dio, nella gloria che egli mi teneva pronta. È un mistero che supera la capacità umana, ma i credenti non si rendono neppure degni di penetrarne la parte alla quale potrebbero arrivare, perché non si applicano alla luce interiore ed a purificarsi per accoglierla. Io e Gesù siamo stati magnanimi con te in questo e ti attesto che saranno estremamente fortunati gli occhi che vedranno quello che tu hai veduto e gli orecchi che udranno quello che tu hai udito. Conserva il tuo possesso e non lo smarrire, impegnandoti con tutte le energie per conseguire il frutto del mio insegnamento. Da oggi imitami nel prepararti al trapasso, poiché, se avessi qualche informazione al riguardo, ogni scadenza ti dovrebbe sembrare assai vicina per assicurare ciò che in tale ora si deciderà: la tua beatitudine o condanna eterna. Nessuna creatura ragionevole ebbe il premio così infallibilmente certo come lo ebbi io, e per di più fui presto avvertita della mia dipartita; tuttavia, sai che mi disposi con il santo timore conveniente, facendo quanto mi apparteneva come donna terrena e maestra della Chiesa e dando esempio agli altri, che ne erano maggiormente bisognosi per non precipitare nella dannazione.
Tra gli assurdi inganni che i demoni hanno introdotto non ce riè alcuno più grande e pericoloso della dimenticanza della conclusione della vita e del giusto giudizio del rigoroso giudice. Considera che il peccato è entrato nel mondo attraverso. questa via, perché la cosa principale di cui il serpente pretese di persuadere Eva fu che non sarebbe morta’ e dunque non vi pensasse. Per un simile raggiro, continuato a lungo, sono infiniti gli stolti che non ne serbano il ricordo e pervengono alla fine immemori della sorte disgraziata che li attende. Affinché tu non inciampi nella suddetta perversità, ritieniti avvisata del fatto che perirai inevitabilmente, che hai avuto molto e pagato poco e che il conto sarà proporzionato alla liberalità con la quale sarai stata trattata nei doni e nei talenti come pure nelle sofferenze. Non voglio da te né più né meno di quello che spetta al tuo sposo: il tuo debito è operare sempre il meglio in qualsiasi luogo, momento e frangente, non ammettendo trascuratezza, intervallo o negligenza.
Qualora per debolezza tu incorra in un’omissione, non tramonti il sole né passi il giorno senza che tu te ne sia pentita e, potendolo, l’abbia confessata come se fossi al termine della tua esistenza. Proponendo la riparazione, anche per colpe leggerissime, spenditi con nuovo fervore e con nuova sollecitudine, allo stesso modo di chi constata che gli manca il tempo per un’impresa così ardua e difficile come è il raggiungere la felicità perenne e non cadere nei tormenti. Impiega incessantemente in questo le tue facoltà e i tuoi sensi, perché la tua speranza sia salda e lieta e perché non ti affatichi invano né corra senza mèta come chi si accontenta di qualche buona azione e ne compie tante riprensibili e biasimevoli. Costoro non possono procedere sicuri e confidenti, poiché la medesima coscienza li abbatte e rattrista, se non sono persi nei meschini piaceri della carne. Per rendere completi i tuoi atti, persisti negli esercizi che ti ho indicato, e tra di essi in quello della morte al quale sei abituata, con le tue orazioni, prostrazioni e raccomandazioni dell’anima. Quindi, ricevi mentalmente il viatico, come gli agonizzanti, e congedati da tutto. Accendi il tuo cuore con il desiderio del Signore e sollevati sino al suo cospetto, dove dovrai avere la tua dimora e dove adesso devi intrattenerti.
Ora che ne avrei più bisogno, mi trovo più povera di ragionamenti e di parole per esprimere qualcosa dello stato al quale si innalzò Maria santissima nei suoi ultimi giorni, nonché dei suoi voli e dei suoi incomparabili sospiri di arrivare allo stretto amplesso dell’Eterno. Nella natura non c’è un esempio adatto da addurre e, se uno può servire al mio intento, si tratta del fuoco, per la sua corrispondenza con l’amore. L’attività e l’energia di questo elemento sono più mirabili di quelle di tutti gli altri: nessuno è maggiormente impaziente nel sopportare catene, giacché o si spegne o le spezza per salire con estrema leggerezza alla sua sfera. Qualora sia rinchiuso nelle viscere della terra, spacca il suolo, fende i monti, sradica le rupi e con eccezionale furia, dopo averle divelte, le scaglia sin dove permane la spinta che imprime ad esse. Anche nel caso in cui la prigione sia di bronzo, se non l’infrange, almeno ne apre le porte con spaventosa veemenza e con terrore di chi è vicino, e manda fuori il globo di metallo che lo arrestava, con l’irruenza che l’esperienza ci insegna. Siffatta è questa creatura insensibile.
Nel cuore della Vergine il fuoco dell’amore di Dio – non so spiegarmi con altre immagini – era al massimo grado, ed è chiaro che gli effetti dovessero essere proporzionati alla causa e non meno meravigliosi nell’ordine della grazia, e di così sconfinata grazia. Ella fu costantemente pellegrina e unica fenice nel mondo, ma, quando era ormai sul punto di partire per il cielo e assicurata della felice conclusione del suo esilio, benché si trattenesse quaggiù, la fiamma del suo purissimo spirito si elevava sino all’Altissimo. Non era capace di contenere gli impeti del suo intimo e non pareva che fosse arbitra dei suoi moti, poiché si era abbandonata completamente al dominio di tale sentimento e alla brama dell’imminente possesso del sommo Bene, nel quale stava trasformata e dimentica della mortalità. Non scioglieva i vincoli, perché erano mantenuti con un prodigio, né sollevava con sé le sue membra, perché non era ancora il momento, quantunque l’intensità del suo ardore avrebbe potuto rapirle; però, nella dolce e vivace lotta al corpo rimanevano sospese le operazioni vitali ed esso dalla sua anima divinizzata riceveva soltanto la vita dell’amore, per cui occorreva che quella fisica fosse preservata miracolosamente con un intervento superiore che non la lasciasse dissolvere ad ogni minuto.
Le accadde sovente di ritirarsi in disparte per dare qualche sfogo a questi slanci, e in solitudine, rompendo il silenzio affinché non le scoppiasse il petto, diceva: «Mio tenerissimo tesoro, attiratemi dietro alla fragranza dei vostri profumi, che avete fatto gustare alla vostra ancella e Madre. La mia volontà è sempre stata impiegata per voi, che siete suprema verità e mia ricchezza, e mai ho saputo aver caro altro fuorché voi. O mia gloria e mia speranza! Non si dilunghi più la mia strada verso la mèta dell’agognata libertà. Strappatemi dal carcere, giunga finalmente il termine al quale tendo dall’istante del mio concepimento. Molto ho dimorato tra gli abitanti di Cedar, ma tutte le mie forze e le mie facoltà osservano il sole che le irradia, si orientano con la stella fissa che le guida e vengono meno senza avere quanto aspettano. O angeli, per
la vostra nobilissima condizione e per la vostra fortuna di esultare della continua visione del mio stupendo diletto, vi chiedo di avere pietà. Abbiate compassione di me, viatrice tra i figli di Adamo e avvinta dai lacci della carne: riferite al vostro e mio Signore il motivo del mio languire, che egli non ignora; comunicategli che per compiacerlo abbraccio spontaneamente il patire nella mia lontananza, ma non posso vivere in me e, se per vivere vivo in lui, come vivrò distante dalla mia vita? L’amore mi dà la vita e me la toglie. La vita non può vivere senza amore; come vivrò, dunque, senza quella vita che sola amo? In questa soave violenza io mi consumo: manifestatemi, per favore, le qualità del nostro sovrano, poiché con tali fiori aromatici avranno un po’ di ristoro i miei deliqui».
Accompagnava così i suoi incendi interiori, con ammirazione e giubilo dei custodi che l’assistevano. Essi, intelligenze attentissime e ripiene della scienza superna, in una di simili occasioni le risposero affermando: «Regina nostra, se di nuovo vi è gradito udire le sue caratteristiche, vi sia noto che è la stessa bellezza e racchiude in sé tutte le perfezioni, al di sopra di qualsiasi desiderio. È delizioso senza difetti, incantevole senza pari, piacevole senza sospetti. È inestimabile nella saggezza, senza misura nella bontà, senza limiti nella potenza; è immenso nell’essere, incomparabile nella grandezza, inaccessibile nella maestà, e tutti i suoi attributi sono infiniti. È terribile nei suoi giudizi, imperscrutabile nei suoi consigli, rettissimo nella giustizia, segretissimo nei suoi pensieri, veridico nelle sue parole, santo nelle sue opere e ricco di misericordia. Lo spazio non gli dà ampiezza, la strettezza non lo ostacola; la tristezza non lo turba, né lo altera 1’allegria; nella sapienza non si inganna, nel volere non muta; l’abbondanza non lo accresce, la necessità non lo diminuisce; la memoria niente gli aggiunge, l’oblio niente gli sottrae; per lui né ciò che già fu è passato, né il futuro succede. Il principio non gli dette origine né il tempo gli darà fine. Senza che una causa abbia dato a lui principio, egli l’ha dato a tutte le cose, e non perché avesse bisogno di qualcuna di esse”, che al contrario devono partecipare di lui. Le conserva senza fatica, le governa senza confusione. Chi lo segue non cammina nelle tenebre, chi lo conosce è felice, chi lo ama e lo acquista è beato, giacché è generoso con i suoi amici e li condurrà alla sua eterna contemplazione e vicinanza. Questi è colui che adorate e del quale tra breve godrete per non perderlo mai più».
I colloqui tra Maria e i suoi ministri erano frequenti; però, come delle piccole gocce d’acqua non estinguono la sete di chi è riarso per la febbre, ed anzi l’accendono maggiormente, neppure tali lenitivi mitigavano la sua fiamma, poiché rinnovavano in lei la ragione del dolore. Benché nei suoi ultimi giorni fossero incessanti i benefici che le erano elargiti nelle feste che celebrava e in ogni domenica, con altri che non è possibile riportare, per concederle qualche sollievo e consolazione nelle sue angustie l’Unigenito la visitava spesso di persona, confortandola con mirabili grazie e carezze e assicurandole ancora che il suo esilio sarebbe durato poco: presto l’avrebbe innalzata alla sua destra, dove il Padre l’avrebbe collocata sul loro trono e sprofondata nell’abisso della loro divinità, e la sua vista sarebbe stata una gioia per gli eletti, che la stavano attendendo e sospirando. Ella allora moltiplicava le orazioni per la Chiesa , per gli apostoli, per i discepoli e per coloro che nei secoli in essa si sarebbero dedicati alla predicazione e alla conversione del mondo, come anche perché tutti accogliessero il Vangelo e venissero all’autentica fede.
Tra le meraviglie che il nostro Maestro compì nel la Vergine una fu palese non solo a Giovanni, ma pure a numerosi credenti: quando riceveva l’eucaristia, restava per alcune ore così fulgente e radiosa che pareva trasfigurata e con doti di gloria. Questo le era comunicato dal sacro corpo di Gesù, che le si mostrava trasfigurato e più glorioso che sul Tabor, e chi la guardava in quello stato era colmato di esultanza e di sentimenti tanto sublimi che potevano essere provati piuttosto che dichiarati.
La Principessa stabilì di licenziarsi dai luoghi santi prima della sua partenza per il cielo e, avuto il permesso del prediletto, lasciò la casa con lui e con i suoi mille angeli, i quali, pur avendola sempre servita e pur essendole sempre stati accanto in ogni passo dall’istante della sua nascita, le apparvero con più magnificenza e splendore, per il nuovo gaudio di stare per risalire con lei nelle altezze. Nel distaccarsi dalle occupazioni umane per avviarsi alla propria vera patria, si recò in tutti i posti legati alla redenzione, separandosi da ciascuno con copiose e dolci lacrime, con amari ricordi di quanto suo Figlio vi aveva sofferto, con atti fervorosi ed effetti straordinari, e con gemiti e suppliche perché i cristiani fossero perennemente devoti ad essi. Sul Calvario si trattenne più a lungo, chiedendo a sua Maestà che la sua passione e morte, avvenute lì, avessero efficacia per tutti. Diventò a tal punto ardente nella sua ineffabile carità che la sua vita si sarebbe consumata se non le fosse stata preservata dalla forza superna.
Immediatamente il Signore discese dall’empireo e le rispose: «Mia colomba e mia collaboratrice nell’opera della salvezza, le vostre aspirazioni e implorazioni sono giunte al mio orecchio e al mio cuore. Vi prometto che sarò generosissimo con gli uomini, dispensando costantemente aiuti e favori affinché con la loro libera volontà possano conquistare in virtù delle mie piaghe la felicità che io tengo loro preparata, qualora essi stessi non la spregino. In paradiso voi sarete loro mediatrice ed avvocata, ed io riempirò dei miei doni e delle mie inesauribili misericordie tutti coloro che si guadagneranno la vostra intercessione». Ella, prostrata ai suoi piedi, lo ringraziò e gli domandò che su quel medesimo monte, consacrato col suo sangue prezioso, le impartisse la sua ultima benedizione. Acconsentì, le confermò il suo impegno di eseguire ciò che aveva detto e se ne andò. Maria fu sollevata nelle sue pene di amore e, continuando tale esercizio con la sua religiosa pietà, baciò il suolo e lo venerò proclamando: «Terra santa, da lassù ti osserverò con l’ossequio che ti devo nella luce che manifesta tutto nella sua fonte ed origine, da cui uscì il Verbo che nella carne ti arricchì». Poi, incaricò ancora gli spiriti sovrani di custodire quei luoghi e di soccorrere con le loro ispirazioni chi li avrebbe visitati con riverenza, perché riconoscesse e apprezzasse l’immenso beneficio derivante da quanto era stato realizzato in essi. Raccomandò anche che difendessero quei santuari e, se la temerarietà e i peccati non avessero messo ostacolo a questo, indubbiamente li avrebbero protetti dai pagani, impedendo loro di profanarli; tuttavia, in parecchie cose l’hanno fatto sino ad oggi.
Invitò costoro e l’Evangelista a benedirla, e tornò al suo oratorio in pianto e traboccante di affetto per quello che tanto teneramente aveva caro. Si stese con il volto nella polvere ed elevò un’altra preghiera, perseverando finché, tramite una visione astrattiva, Dio le rivelò che le sue petizioni erano state intese ed esaudite nel tribunale della sua clemenza. Per dare pienezza di perfezione alle sue azioni, volle ottenere l’autorizzazione di congedarsi dalla comunità ecclesiale e gli si rivolse così: «Mio sommo Bene, redentore di tutti, capo dei beati e dei predestinati, giustificatore e glorificatore delle anime, io sono figlia della Chiesa, che è stata acquistata e piantata con il vostro sangue. Accordatemi di accomiatarmi da una madre così benevola e dai fratelli che ho in essa». Comprese il beneplacito del suo Unigenito e tra i sospiri parlò:
«Chiesa santa e cattolica, che nei secoli futuri sarai chiamata romana, mio autentico tesoro, tu sei stata l’unica consolazione del mio esilio, tu il rifugio e il sollievo dei miei travagli, tu il mio conforto, la mia gioia, la mia speranza; tu mi hai accompagnato nel cammino; in te ho dimorato da viatrice e tu mi hai sostenuto, dopo che in te ho ricevuto la vita della grazia per mezzo di Cristo Gesù. In te sono depositati i suoi incommensurabili meriti, tu sei per i suoi discepoli il certo transito alla terra promessa e tu fai sicuro il loro pericoloso e difficile pellegrinaggio. Tu sei la signora delle genti, alla quale spetta devozione da parte di tutti; in te le angustie, le tribolazioni, i vilipendi, i sudori, i tormenti, la croce, la morte sono gemme inestimabili, consacrate con la passione del tuo Maestro e padre, e riservate ai suoi più fedeli servi e più intimi amici. Tu mi hai adornata dei tuoi gioielli perché entrassi alle nozze; tu mi hai resa prospera e lieta, e hai in te il tuo Autore sotto le specie sacramentali. O fortunata Chiesa militante! Sei sovrabbondante di ricchezze! In te ho sempre posto tutto il mio cuore e tutti i miei pensieri, ed è già ora di partire e di abbandonare la tua soave vicinanza per arrivare al termine del mio viaggio. Applicami l’efficacia di tanti beni, bagnami copiosamente con il sangue dell’Agnello, che è potente per santificare molti mondi. Io desidererei, a costo di mille vite, fare tue tutte le generazioni e le nazioni, affinché godano di te. Mio onore, ti lascio nell’esistenza peritura, ma in quella perpetua ti troverò giubilante in colui che racchiude ogni cosa. Di là ti guarderò con dolcezza e chiederò incessantemente che tu cresca e progredisca felicemente».
In questo modo si licenziò dal corpo mistico della santa Chiesa cattolica e romana, per insegnare ai suoi membri, quando ne fosse giunta loro notizia, la sua considerazione, il suo riguardo e il suo rispetto per essa, fornendo come attestato così pietose lacrime e così delicate espressioni. Quindi, nella sua sapienza determinò di formulare il suo testamento e palesò tale aspirazione alla Trinità, che decise di accettarla con la sua presenza regale e, discesa a lei con miriadi di angeli che stavano presso il suo trono, dopo essere stata adorata disse: «Sposa da noi prescelta, disponete la vostra ultima volontà, poiché sarà confermata e adempiuta dal nostro illimitato potere». La prudentissima Vergine si arrestò un po’ nella sua sconfinata umiltà, perché prima di dichiarare la propria aspettava di ascoltare quella dell’Altissimo, che la assecondò affermando: «Mia eletta, il vostro volere mi sarà gradito; non privatevi del valore delle vostre opere nel prepararvi al trapasso, giacché sarete da me soddisfatta». Il Salvatore e lo Spirito ribadirono lo stesso ed ella ordinò il suo testamento come segue:
«Eccelso Signore, io, vile verme, vi venero dal profondo con la massima riverenza e vi confesso tre Persone in un medesimo essere indiviso ed eterno, una sostanza, una maestà infinita negli attributi e nelle prerogative, che tutto avete creato e tutto conservate. Non ho averi materiali da cedere, non avendo mai cercato altro fuorché voi, che siete ogni mio bene. Ringrazio i cieli, le stelle, i pianeti, gli elementi e tutto il resto poiché, assoggettandosi a voi, mi hanno sostentato senza che ne fossi degna. Domando loro di obbedirvi e celebrarvi negli incarichi che avete imposto, e di beneficare gli uomini; perché lo facciano meglio, trasferisco a questi il possesso – e per quanto è possibile pure il dominio – che mi avete concesso su di essi. Giovanni avrà due vesti e un mantello che ho usato per coprirmi, essendo per me come un figlio. Supplico la terra di accogliere la mia salma, dal momento che è madre comune del genere umano. Consegno nelle vostre mani la mia anima, spogliata della carne e di quello che è visibile, affinché vi ami ed esalti perennemente. Nomino la Chiesa erede universale di tutto ciò che ho acquistato con il vostro soccorso e con i miei atti, e vorrei che fosse assai di più. In primo luogo bramo che sia utile per la magnificazione del vostro nome, e perché la vostra volontà sia fatta in cielo come in terra e tutti i popoli vi conoscano e vi rendano culto».
«In secondo luogo l’offro per gli apostoli e per i sacerdoti presenti e futuri, perché per la vostra ineffabile clemenza siano idonei al loro ministero, ed edifichino con pienezza di scienza e di virtù coloro che avete redento con il vostro sangue. In terzo luogo lo dono per il profitto spirituale dei miei devoti che mi invocheranno, perché ricevano la vostra protezione e infine la beatitudine. In quarto luogo vi scongiuro di ritenervi impegnato dalle mie fatiche a favorire i peccatori, perché escano dal triste stato della colpa, e da adesso mi propongo di intercedere per loro per i secoli dei secoli. Ecco che al vostro cospetto ho proclamato la mia ultima volontà, sempre sottomessa alla vostra». Dio approvò tutto e Cristo firmò, scrivendole nel cuore queste parole: «Si compia quello che volete e stabilite».
Quando anche noi mortali, specialmente se nati nella legge di grazia, non avessimo altra obbligazione verso Maria che questa di essere divenuti eredi dei suoi enormi meriti e di quanto è contenuto nel suo breve e arcano testamento, non potremmo contraccambiare neppure qualora dessimo la vita sostenendo i tormenti dei più eroici martiri. Non adduco poi alcun paragone con il nostro debito per gli immensi meriti che Gesù ci ha lasciato, poiché non ne trovo. Quale scusa esibiranno dunque i reprobi, che non si avvalsero né degli uni né degli altri, ma li trascurarono e dimenticarono? Che strazio e dispetto sarà il loro allorché, senza rimedio, capiranno di aver perso definitivamente tanti tesori per un diletto passeggero? Ammetteranno allora la rettitudine con cui a ragione saranno castigati e allontanati dal Maestro e dalla pietosissima Signora, che con stolta temerarietà spregiarono.
Quindi, la Regina rese grazie all’Onnipotente e, chiesta licenza di presentargli un’altra implorazione, soggiunse: «Padre delle misericordie, se sarà di vostro apprezzamento e a vostra gloria, desidero che assistano al mio transito gli Undici, vostri unti, con gli altri discepoli, affinché preghino per me ed io parta con la loro benedizione». Il suo Unigenito le rispose: «Mia colomba, già vengono a voi: quelli che sono vicini giungeranno presto, mentre a quelli che sono distanti invierò i miei angeli perché li trasportino qui. È, infatti, mio beneplacito che in tale circostanza vi siano tutti accanto, per consolazione vostra e anche loro, e per ciò che sarà a mio e vostro maggiore onore». Ella, prostrandosi al suolo, lodò la Trinità , che subito tornò all’empireo”
Già si avvicinava il giorno stabilito perché la viva e vera arca dell’alleanza fosse collocata nel tempio della celeste Gerusalemme, con maggior splendore e giubilo di quello con cui la sua figura era stata fatta introdurre da Salomone nel santuario, sotto le ali dei cherubini. Tre giorni prima del felicissimo transito, gli apostoli e i discepoli si trovarono riuniti nella casa del cenacolo. Arrivò innanzitutto Pietro, trasportato da un angelo che gli era apparso a Roma e, annunciandogli che era ormai imminente la dipartita di Maria beatissima, gli aveva comandato da parte del Salvatore di esservi presente. La sovrana del mondo stava ritirata nel suo oratorio, con le energie corporali alquanto abbandonate a quelle dell’amore dell’Altissimo, poiché, essendo tanto prossima all’ultimo fine, partecipava con più efficacia delle sue qualità.
Ella gli andò incontro sulla porta della propria stanza e, postasi ai suoi piedi, gli domandò la benedizione e proclamò: «Ringrazio e lodo l’Onnipotente per avermi condotto qui il mio Santo Padre, affinché mi assista nell’ora della morte». Entrò poi Paolo, e anch’egli ebbe la medesima dimostrazione di rispetto e del piacere che aveva di vederlo. La salutarono come Madre di Dio, loro regina e signora di ogni realtà creata, con non meno sofferenza che venerazione, sapendo di essere accorsi al suo fortunato trapasso. Fecero lo stesso gli altri, che giunsero dopo di loro e furono accolti con profonda sottomissione, riverenza e dolcezza. Per ordine di lei, Giovanni e Giacomo il Minore provvidero ad alloggiarli tutti comodamente.
Alcuni di essi, che erano stati accompagnati dai ministri superni ed informati del motivo della loro venuta, si infervorarono con immensa tenerezza considerando che sarebbero stati privati della loro unica difesa e consolazione, e sparsero abbondanti lacrime. Altri, invece, erano all’oscuro di tutto, giacché non avevano ricevuto un avviso esteriore, ma solo ispirazioni interiori con un soave e forte impulso, grazie al quale avevano conosciuto che era volontà divina che si recassero immediatamente là; subito interrogarono il capo della Chiesa per essere rischiarati su quanto stava accadendo, perché giudicavano concordemente che se non ci fosse stata una novità non avrebbero avvertito una simile spinta, ed egli li radunò e parlò: «Miei figli e fratelli, sua Maestà ci ha chiamato e raccolto da luoghi così remoti per una causa grande e di nostro sommo dolore. Intende portare senza più indugio al trono della sua gloria colei che è nostra guida, nostra protezione e nostro conforto, e ha determinato che le stiamo accanto in questo momento. Quando ascese alla destra dell’Eterno, pur restando orfani della sua adorabile vicinanza, ci fu lasciata la Vergine come nostro rifugio e ristoro nell’esistenza terrena; ma adesso che la nostra luce si allontana, che cosa faremo? Quale sollievo avremo? E quale speranza, che ci rincuori nel nostro pellegrinaggio? Non ne scopro altra se non quella che certamente un giorno la raggiungeremo».
Non riuscì a continuare, impedito dai gemiti e dai singhiozzi che non fu in grado di trattenere, e nessuno poté aprir bocca per un buono spazio di tempo, durante il quale tutti piansero copiosamente. Appena si fu fatto animo per riprendere il discorso, soggiunse: «Affrettiamoci ad entrare al suo cospetto: stiamo con lei nel breve tratto di cammino che le rimane e chiediamole di concederci la sua benedizione». Lo seguirono dalla loro Maestra, che era in ginocchio su una piccola predella che teneva per reclinarsi allorché riposava un po’, e la scorsero bellissima, piena di fulgore e scortata dai mille custodi.
Dall’età di trentatré anni non aveva subito cambiamenti nel suo corpo e nel suo volto, sacri e castissimi, né aveva sentito gli effetti della vecchiaia, né aveva avuto mai rughe, né era divenuta più debole, né era dimagrita, come suole avvenire agli altri discendenti di Adamo, che perdono vigore e si sfigurano rispetto a come erano nella gioventù o nella maturità. Questa immutabilità fu un suo privilegio singolare, sia perché corrispondeva alla stabilità della sua purissima anima, sia perché derivò dalla sua immunità dal peccato originale, le cui conseguenze non arrivarono a sfiorarla. Tutti si posero con ordine presso di lei, e Pietro e Giovanni si misero al capezzale. Maria, osservandoli con la sua consueta modestia e deferenza, si rivolse loro così: «Carissimi, date licenza alla vostra ancella di manifestarvi i suoi desideri». Il principe del collegio apostolico affermò che le avrebbero prestato ogni attenzione e avrebbero adempiuto ogni suo comando, ma la invitava a sedersi; gli pareva, infatti, che dovesse essere assai affaticata per essere stata tanto a lungo in tale posizione, che, se era opportuna per pregare, non lo era per conversare con loro.
Ella, che era Regina dell’umiltà e dell’obbedienza, decisa a praticare queste virtù fino alla morte e anche in quell’ora, asserì che li avrebbe ascoltati in quanto le domandavano e li implorò di benedirla. Con il consenso del vicario di Cristo, si genuflesse davanti a lui e dichiarò: «Signore, in qualità di pastore universale, vi supplico di impartirmi la benedizione a nome vostro e della Chiesa e di perdonarmi se vi ho poco servito nella mia vita, affinché salga a quella imperitura. Qualora sia di vostro gradimento, permettete che Giovanni disponga delle mie vesti, che consistono in due tuniche, donandole a delle donne povere che mi hanno costantemente legato a sé con la loro bontà». Quindi, prona ai suoi piedi, li baciò con fiumi di lacrime e con non minore meraviglia che commozione di tutti. Passò al prediletto e, stando abbassata, gli disse: «Scusatemi se non ho esercitato come avrei dovuto l’incarico che il mio Unigenito mi affidò quando dalla croce nominò voi mio figlio e me vostra madre. Con ossequio e gratitudine vi rendo grazie per la pietà con la quale mi avete as-
sistito. Beneditemi per la mia partenza verso colui che mi ha creata, per gioire perennemente della sua compagnia».
Si accomiatò allo stesso modo da ciascuno degli apostoli e da alcuni discepoli, e successivamente dai numerosi circostanti insieme. Terminato ciò, si alzò e proclamò: «Siete stati ininterrotamente incisi nel mio intimo e vi ho voluto teneramente bene con l’ardore comunicatomi dal mio Gesù, che ho sempre visto in voi come in suoi eletti e amici. Per suo beneplacito vado alle dimore celesti, dove vi prometto di avervi presenti nel nitidissimo chiarore dell’Onnipotente, la cui contemplazione bramo ed attendo con sicurezza. Vi raccomando la comunità ecclesiale, l’esaltazione dell’Altissimo, la propagazione del Vangelo, la stima e l’apprezzamento degli insegnamenti del Redentore, la memoria delle sue opere e della sua passione e l’attuazione dei suoi precetti. Amate la Chiesa e amatevi gli uni gli altri con quel vincolo di carità e di pace che avete appreso dal vostro Maestro. E nelle vostre mani, o pontefice, rimetto Giovanni e gli altri».
Tacque e le sue espressioni, come dardi di fuoco divino, penetrarono nei cuori liquefacendoli; tutti, prorompendo in dimostrazioni di incontenibile dolore, si prostrarono al suolo e con i loro singhiozzi toccarono profondamente la dolcissima Vergine. Anch’ella pianse, non imponendosi di resistere a così amari e appropriati gemiti, e poi li esortò a raccogliersi silenziosamente in orazione con lei e per lei. In tale placida quiete venne il Verbo incarnato su un trono d’ineffabile splendore, scortato da tutti i santi di natura umana e da tantissimi angeli di ogni coro, riempiendo di luce la casa del cenacolo. L’innocentissima sovrana delle altezze lo adorò, gli baciò i piedi e, stesa al suo cospetto, compì l’estremo atto di riconoscenza e di umiliazione della sua esistenza terrena, annientandosi e piegandosi sino alla polvere più quanto non abbiano mai fatto né faranno mai tutti gli uomini dopo aver peccato. Egli la benedisse e le parlò: «Mia carissima, che ho scelto come mia abitazione, è giunta per voi l’ora di essere introdotta nella gloria del Padre e mia, dove è preparata alla mia destra la sede di cui godrete per l’eternità. Poiché come Madre mia vi feci entrare nel mondo libera ed esente dalla colpa, neppure adesso che ne uscite la morte ha diritti su di voi: se non volete passare per essa, venite con me a prendere possesso di quello che avete largamente meritato».
Con volto lieto gli rispose: «Mio Signore, vi scongiuro che la vostra ancella acceda alla vita beata attraversando la porta comune della morte come gli altri discendenti di Adamo. Voi che siete mio vero Dio la soffriste senza esservi obbligato ed è giusto che, come ho cercato di seguirvi nella vita, vi segua anche nella morte». Il Salvatore approvò il suo sacrificio e affermò che si sarebbe adempiuto ciò che desiderava. Subito i ministri superni cominciarono a intonare con sublime armonia qualche versetto del Cantico dei cantici e altri nuovi. Sia gli Undici e i discepoli sia molti devoti li percepirono con i sensi, benché soltanto alcuni apostoli, tra i quali Giovanni, fossero illuminati in maniera singolare sulla presenza di Cristo, mentre gli altri avvertivano dentro di sé straordinari ed efficaci effetti. Si diffuse una fragranza inebriante, che assieme alla musica si sentiva fin dalla strada; inoltre, tutti videro il mirabile fulgore che avvolgeva quel luogo e sua Maestà dispose che, affinché fosse testimone di una simile meraviglia, accorresse tanta gente da occupare le vie.
Quando udì la melodia, Maria si reclinò sulla sua predella, con la tunica come unita alla sua persona, con le mani giunte e lo sguardo fisso su suo Figlio, e completamente accesa nel suo fervore. Alle parole “Alzati, amica mia, mia bella, e vieni! Perché, ecco, l’inverno è passato, è cessata la pioggia, se n’è andata”, ella pronunciò quelle del suo Unigenito sul duro legno: «Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito». Quindi, chiuse i suoi purissimi occhi e spirò. La malattia che le fu fatale fu l’amore, senza indisposizioni o malesseri, e il suo transito avvenne allorché il potere del Creatore sospese l’intervento miracoloso con cui conservava le sue forze in modo che non fossero dissolte dalle fiamme provocate dal suo ardore, permettendo a queste di consumare la linfa del cuore.
La sua candida anima lasciò il castissimo corpo e in un istante fu collocata con immenso onore accanto a Gesù. Immediatamente, le note celesti iniziarono ad allontanarsi nell’aria, perché quella solenne processione si avviò verso l’empireo. Il sacro corpo, che era stato tempio e tabernacolo del Dio vivente, restò pieno di radiosità e profumava al punto che coloro che lo attorniavano erano colmati di soavità interiore ed esteriore. I mille custodi del la Regina si fermarono a proteggere tale inestimabile tesoro, mentre i fedeli, tra lacrime di afflizione e di giubilo per i prodigi che contemplavano, rimasero per un po’ di tempo come assorti e poi elevarono numerosi inni e salmi in suo ossequio. Ciò accadde di venerdì, alle tre del pomeriggio, alla stessa ora in cui aveva esalato l’ultimo respiro il nostro Redentore. Era il tredici agosto ed ella aveva settant’anni, meno i ventisei giorni che intercorrono tra questa data e l’otto settembre. Dopo la crocifissione del nostro Maestro si trattenne quaggiù ventuno anni, quattro mesi e diciannove giorni, e mori cinquantacinque anni dopo il suo parto verginale. Il calcolo si fa facilmente così: aveva quindici anni, tre mesi e diciassette giorni alla nascita del Signore, che fu ucciso a trentatré anni e tre mesi, cioè quando ella aveva quarantotto anni, sei mesi e diciassette giorni; se a questi si aggiungono altri ventuno anni, quattro mesi e diciannove giorni, si hanno i settant’anni meno venticinque o ventisei giorni.
In quell’occasione si verificarono grandi portenti. Il sole si eclissò e nascose la sua luce in segno di lutto per alcune ore; parecchi uccelli di diverse specie volarono alla casa e resero alla Principessa il loro omaggio funebre con canti di lamento e con gemiti, che suscitavano il pianto in chiunque li ascoltava; si commosse l’intera Gerusalemme e molti arrivavano stupiti, confessando ad alta voce la potenza dell’Eterno e la magnificenza delle sue opere; altri apparivano attoniti e come fuori di sé, e i credenti si struggevano tra singhiozzi e sospiri; vennero anche tanti infermi e furono guariti; uscirono dal purgatorio quanti vi si trovavano. L’evento più eccezionale riguardò un uomo e due donne che abitavano vicino al cenacolo, che trapassarono insieme alla nostra sovrana in stato di peccato e senza penitenza: stavano andando alla dannazione, ma, allorché la loro causa giunse al giudizio di Cristo, la dolcissima Madre domandò misericordia, furono restituiti alla vita e successivamente si ravvidero e si salvarono. Questo dono non si estese a tutti coloro che decedettero in tale giorno nel mondo, bensì solo a costoro, che si spensero al medesimo orario nella città santa. Parlerò in un altro capitolo della festa che ci fu in paradiso, per non mescolarla con il nostro cordoglio” .
Conoscere questi particolari della vita della Madonna, ci aiuta a comprendere la grandezza della Vergine Maria, della sua grande devozione verso Dio e del suo infinito amore verso suo figlio Gesu’ e verso ogni essere umano , che ha accolto come Madre nel suo cuore.
Questa testimonianza ci chiarisce anche il senso delle continue apparizioni Mariane avvenute sulla Terra in ogni tempo, tutte con un unico obiettivo : “ far conoscere l’Amore di Cristo ad ogni creatura”!.